Casa di Carlo Goldoni

Casa di Carlo Goldoni

Percorsi e collezioni

Primo Piano – Sala 3

Sala del teatrino

Il teatro delle marionette
Il Settecento si apriva denso di incognite per la Repubblica di Venezia, ormai emarginata dalla politica europea e ridotta a spettatrice impotente e consapevole di una decadenza inevitabile. Tuttavia la città conservava il suo fascino immenso come punto di confluenza per il mondo cosmopolita di allora, la sua vita intellettuale e artistica, con la musica, l’editoria, le iniziative giornalistiche, il teatro, le arti figurative, ha momenti di altissima tensione e di modernità precorritrice.
Carlo Goldoni tenta la riforma di quella consolidata istituzione che a Venezia era il teatro, che, come fatto di società e di costume, diviene anche stimolo di iniziative riformatrici. Al teatro viene associata la musica che porta il nome di Venezia alla ribalta internazionale del settore e che raggiunge nella città il massimo splendore con l’attività di compositori quali Benedetto Marcello, Vivaldi, Galuppi.
Ai comici e cantanti si affiancano sui palcoscenici istituzionali ed anche su quelli aristocratici i piccoli colleghi di legno, in sostituzione degli artisti in carne ed ossa che celati dietro le quinte animano le rappresentazioni di prosa e di opera musicata. Da qui si ebbe lo sviluppo del teatro marionettistico, cosicchè nel secolo XVIII furono molti i teatri di marionette nelle case patrizie, con un repertorio che andava sempre più arricchendosi e facendosi più vario con melodrammi e pantomime, farse e tragedie, balli. L’idea di allestire questi teatrini in scala ridotta, corredati da tutto il compendio necessario alla rappresentazione compresi i libretti in formato ridottissimo per rimanere nell’armonia delle proporzioni, era addirittura qualche volta improvvisata relativamente al trattenimento di qualche ospite illustre, come avvenne a Ca’ Mocenigo a San Samuele nel 1714 per onorare la visita dell’Elettore di Sassonia.
Si distingue tra i burattini che venivano impiegati negli spettacoli popolari di piazza e le marionette che “non battevano le piazze ma più aristocratiche se ne stavano nei piccoli ma più eleganti teatri a rappresentare i Nabucodonosor e i Faraoni…” (Ricciotti Bratti, Marionette del Settecento).
Purtroppo dei teatrini delle case nobili non è rimasto molto, si avevano notizie di quello in casa Contarini a San Barnaba, in casa Loredan a SanVio e, fuori Venezia in casa Ravegnani a Verona. Va aperta una doverosa parentesi per il teatrino di casa Grimani ai Servi, dal 2001 nuovamente visibile presso il Museo di Casa Goldoni, il più famoso teatrino di marionette veneziane del Settecento, dotato del più nutrito gruppo di sue marionette originali, recentemente incrementato da qualche altro importante ritrovamento. L’approdo a Casa Goldoni non è stato casuale poiché alcune tracce della storia materiale di queste marionette conducono infatti a personaggi e vicende che si incrociano all’esistenza del commediografo nato in una delle stanze di questa casa nel 1707. Goldoni conosceva bene almeno due rappresentanti della famiglia da cui il teatrino proviene, tanto che dedica ad Antonio Grimani una delle sue commedie “L’amante di sé medesimo” ed è inoltre il tramite per la conoscenza di Pietro Longhi, che diventerà il pittore prediletto della nobile famiglia. Il teatrino conservato a Casa Goldoni giunge, come testimoniano le notizie relative all’ingresso, al Municipio di Venezia attraverso l’acquisizione dell’eredità della famiglia Morosini-Gatterburg, che già aveva acquisito i beni dell’estinta famiglia dei Grimani “ai Servi”: Loredana Grimani, figlia di Giovanni, sposò infatti un Morosini mentre la nipote, contessa De Gatterburg Morosini, fu l’ultima erede della famiglia, a metà del XIX secolo. Insieme a un “boccascena già esistente a Palazzo Morosini”, i registri d’ingresso dei Civici Musei Veneziani testimoniano il dono dei “fantocci veneziani del secolo scorso” in data 22 aprile 1896.

Servitor di due padroni
La Commedia: Composta nel 1745 su richiesta del celebre attore Antonio Sacchi, la commedia fu rappresentata a Milano e a Venezia nel 1746 con grande successo.
Il Goldoni, che nella prima stesura si era servito di un canovaccio francese, la riscrisse interamente nel 1753 per l’edizione Paperini, mentre ai giorni nostri, la regia di G. Strehler, che ne ha cambiato il titolo in Arlecchino servitore di due padroni, ha contribuito a rendere la piéce famosa in tutto il mondo.
Trama: Clarice, dopo l’annunzio che il suo pretendente Federigo è stato ucciso in duello da Florindo, è promessa dal padre Pantalone a Silvio. Giunge nel frattempo la sorella di Federigo, Beatrice, in abito maschile e sotto il nome del fratello, in cerca dell’amato Florindo che, dopo il duello, è fuggito. Truffaldino, servo di Beatrice, a insaputa di questa diventa servo anche di Florindo, e la commedia si svolge tutta sulle confusioni e gli equivoci provocati da Truffaldino. Finalmente tutto si chiarisce: Florindo sposa Beatrice, Silvio sposa Clarice, e Truffaldino sposa

Il giuocatore
Scena ispirata all’atto primo – Scena II e IV
Florindo che ha giocato tutta la notte e stranamente ha vinto, vuole mettere ordine al suo piccolo tesoro ma il sonno e la tensione hanno il sopravvento, per cui si addormenta al tavolo da giuoco contando gli zecchini vinti. Ma chi è malato di giuoco non sa
quando è bene fermarsi, così al suo risveglio immagina altre vincite ben più cospicue e sostanziose di quella della trascorsa notte e sintetizza il “florindo pensiero” così:
“Gioco da uomo, conosco il mio quarto d’ora, ed è impossibile che a lungo andare io non vinca”. La scena è resa grazie ad un tavolino a libro di fine XVIII secolo, da quattro poltroncine della seconda metà del XVIII secolo, dalla fedele riproduzione di carte da gioco e danari i cui originali sono conservati presso il Museo Correr e da un abito maschile con mantella da scena.
La Commedia: È una delle sedici famose commedie nuove che Carlo Goldoni fece rappresentare nel 1750; in tre atti, riprende temi e personaggi cari all’autore.
La dipendenza e la sottomissione al gioco
d’azzardo, le delusioni per le perdite, contrapposte alle continue speranze in una vincita, l’ansia incessante per la prossima mano, quella che sarà sicuramente la “mano buona” sono i temi portati in primo piano dall’autore, tanto reali e radicati nell’Europa del XVIII secolo e così attuali ancora oggi.
Trama: Florindo, preso dalla passione del giuoco, cade nelle mani di Lelio, giocatore disonesto. Trovando nel gioco la sua rovina, perde la fidanzata, Rosaura, le amicizie, e solo l’intervento del vecchio Pantalone, che costringerà Lelio a restituire parte del mal tolto, lo salva dal pericolo di sposare Gandolfa, una vecchia frivola e viziosa zia di Rosaura.

Il parlatorio
BOTTEGA DI PIETRO LONGHI
Il Parlatorio, metà del XVIII sec
Olio su tela
Si tratta di una “veduta d’interno” che mostra la sala delle visite del monastero di San Zaccaria, dove parenti e amici potevano avere colloqui con le religiose: in queste occasioni di festa venivano anche organizzate recite di burattini per i piccoli ospiti.

La conversazione
Scena ispirata all’atto primo – Scena XIV
Don Fabio arriva a scroccare l’ennesimo pranzo in casa di Madama Lindora che viene però differito da Lucrezia che invita tutti gli ospiti presenti a divertirsi con qualche gioco.
La discussione sulla scelta del più gradito a tutti ci offre uno spaccato sia degli usi che dei divertimenti in voga all’epoca. 
La Commedia: Musicato dal maestro vicentino Giuseppe Scolari, il dramma fu portato in scena al teatro di S. Samuele nel carnevale 1758 e ne furono interpreti alcuni fra i migliori artisti italiani nel genere buffo. Goldoni, in questo dramma giocoso per musica, ci descrive la conversazione,in casa di madama Lindora. L’azione è poca cosa ma le scene corrono via svelte, argute, naturali e, per la sceneggiatura, questo è una delle sue migliori composizioni del genere.
Trama: In casa di Madama Lindora una gaia vedova, si tiene un incontro di diversi personaggi atti a passare il tempo ridendo, scherzando, gridando, litigando, giocando ma soprattutto ballando. A questa felice riunione partecipano monsieur Giacinto,viaggiatore affettato, che usa a sproposito mille linguaggi, le macchiette di don Fabio nobile spiantato arrivato a scroccare l’ennesimo pranzo in casa di Lindora e di Sandrino, ricco plebeo, pronto a vantare e sprecare il suo denaro in ogni sorta di gioco in uso all’epoca.
Si incontrano inoltre Lucrezia dama dallo spirito indipendente e i timidi innamorati Filiberto e Berenice.

Il biribisso
Il gioco è costituito da un apposito tavoliere suddiviso in trentasei caselle numerate e recanti una figura che le contraddistingue. A queste caselle corrispondono altrettante palline di legno, per lo più forate, all’interno delle quali trovavano posto dei bigliettini riportanti ognuno, numero e figura di tutti quelli riportati nel tavoliere. Inserite tutte le palle all’interno di un sacchetto, colui che tiene banco procede all’estrazione e dopo averne estratta una, ad alta voce proclama numero e figura. Il vincitore sarà la persona che avrà posto una propria somma di denaro sulla casella corrispondente alla figura vincitrice.
Il numero dei giocatori può essere illimitato.


 

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Casa di Carlo Goldoni. La Casa del suo Teatro
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