Sala da pranzo
L’Isola scenica qui rappresentata è ispirata a
Chi la fa l’aspetta
Scena ispirata all’atto secondo – Scena VII e VIII
La Commedia: Così titolata per la stampa questa commedia in tre atti in dialetto venne presentata al pubblico del Teatro San Luca la sera del 5 gennaio 1765 con il suggestivo titolo I chiassetti del carneval. In questa commedia corale i personaggi hanno ognuno un’individualità particolarmente definita. Secondo le testimonianze dei contemporanei, non beneficiò di una buona recitazione e questo fu il motivo principale del suo insuccesso, mentre dalla fine dell’Ottocento venne rivalutata fino a diventare il cavallo di battaglia di molte delle migliori Compagnie dialettali venete.
Trama: Lissandro, mercante di gioie false, vuole burlare l’avaro sensale Gasparo, facendogli pagare un pranzo e permettendo a Zanetto di avvicinare l’amata Cattina, figlia di Raimondo. Zanetto, per non destare sospetti, si finge ammogliato, ma è smascherato da Raimondo, che non solo farà pagare il pranzo a Lissandro, ma concederà la figlia a Bortolo, rivale di Zanetto.
In Sala vi sono anche una console da muro in legno intagliato e laccato in rosso con fiori policromi, rifinito con filettature dorate (ambito veneto, 1740 – 1760), e un cassettone a tre tiretti a ribalta, con alzata a due ante ricoperte da specchi e cimasa centinata interrotta nella sommità con intaglio a vaso. Il cassettone è laccato in rosso con decorazioni a cineserie in pastiglia dorata, di ambito inglese (1700 – 1710). Alle pareti si trovano diversi dipinti di Falca Pietro detto Longhi (alla maniera), XVIII sec., della serie “I passatempi in villa”, che descrivono la vita della nobiltà veneziana ai tempi di Carlo Goldoni (La cucina, Pranzo con maschere, La lezione di musica, La furlana, La venditrice di frittelle, Il concerto, Il ballo).
Tra le due finestre vi è infine una grande serigrafia a muro che riproduce un “Ritratto di Carlo Goldoni”, realizzata da Lorenzo Tiepolo e Marco Alvise Pitteri. Questo ritratto è collocato nel primo volume dell’edizione Pasquali delle Commedie (1761) ed è tratto da un disegno a matita nera di Lorenzo Tiepolo conservato all’Albertina di Vienna. Il disegno, a sua volta, è la copia di un dipinto giovanile di Alessandro Longhi. Probabilmente il ritratto non piacque molto al Goldoni, che nella lettera scritta a Francesco Albergati Capacelli da Parigi il 3 dicembre 1764 ne nega la verosimiglianza.
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Casa di Carlo Goldoni. La Casa del suo Teatro
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